Fin dal primo giorno di questa
epidemia, mentre il governatore della mia regione, Stefano Bonaccini
era indeciso se chiudere le scuole o no il 24 febbraio e rimandava
dal venerdì al sabato, dalla mattina al pomeriggio, da un'ora
all'altra, il suo annuncio in merito, avevo la sensazione che ci
fosse qualcosa di sbagliato nella comunicazione, che
non faceva altro che alimentare confusione e panico. Questo stile poi
si è ripresentato non solo in Regione, ma soprattutto a livello
centrale nella gestione della comunicazione sull'epidemia e se, nella
prima fase, era comprensibile per via dell’impreparazione, della
confusione alimentata dall’incertezza, nelle settimane successive è
diventato, prima per chi come me ha qualche strumento interpretativo e
una certa sensibilità linguistica, poi anche per chi è meno
attrezzato, davvero insopportabile.
C’è una discrepanza evidente fra
tutti i messaggi paternalisticamente rassicuranti e la realtà
concreta che è sotto gli occhi di tutti. La mia opinione non è
mutata dall’inizio ed è che la verità sia riconducibile a una
sola evidenza: non ci sono soldi e non si sa o non si riesce a
reperirli. Non ci sono soldi per gestire l’epidemia nell’unico
modo che abbiamo visto funzionare: Veneto, Germania e piccoli
asiatici. Non ci sono soldi per far fronte a niente di quanto
promesso e non c'è il coraggio di dirlo apertamente. Quindi,
l’unica strategia adottabile per contenere il contagio è quella che lo stesso professor
Galli definisce “strategia della disperazione” ovvero
isolamento con una serie di restrizioni delle libertà fondamentali
spesso schizofreniche e, soprattutto, pericolose perché
misure che legittimano privazioni pesanti della libertà
unite a paura per la
sopravvivenza, crisi economica senza precedenti, scarsa
solidarietà internazionale, riproposizione del vecchio schema
patriarcale per cui la donna è relegata nella sfera della cura e
il potere è prerogativa maschile, sono terreno fertile per una
deriva autoritaria.
Da settimane sono irritata perché non
mi sento trattata da cittadina adulta. Ho l’impressione che
il Governo, in qualche caso anche la Regione, ci mentano
nell'illusione di evitare di seminare il panico di fronte a
quell’unica evidenza che mi pare chiara fin dall’inizio: non ci
sono soldi e non si trovano soluzioni. Si schermano dietro i
pareri degli scienziati, che, a buon diritto, loro, sì, possono
essere contraddittori non solo perché così procede la scienza, fra
tempi lunghi e confronti, ipotesi e smentite, ma anche perché siamo
in presenza di un virus sconosciuto. Si schermano dietro i pareri
dei comitati tecnici e non fanno che snocciolare dati senza alcun
valore scientifico perché privi di raffronti statistici solidi e
contestualizzazione. Mascherine sì, mascherine no, tamponi sì,
tamponi no, test sierologici sì ma poi no, parenti sì amici no, in
un delirio di esaltazione nazionalistica autoreferenziale costante
fra “siamo il popolo migliore del mondo, gli altri ci hanno copiato o ci copieranno” e “gli altri fanno tutti peggio di noi e sono
brutti e cattivi se non ci danno i soldi in Europa”, quando
sappiamo benissimo che fra regioni, peggio la Lombardia dell’Emilia,
ma meglio il Veneto dell’Emilia, e non è colpa dell’Europa se
questa durissima partita, la combattiamo in partenza con una voragine
di debito pubblico e disoccupazione, povertà e altri mali endemici.
Ora, è vero che buona parte degli
italiani crede volentieri alle balle e questo è uno dei tratti
distintivi della nostra immaturità civica e politica. E se il
ballista di turno non ci soddisfa, siamo subito pronti ad affidarci a
quello che viene dopo. Ma, ormai, c’è una tale discrepanza fra
quanto viene comunicato e la realtà che non c’è bisogno di
avere una particolare sensibilità linguistica o chissà quali
strumenti culturali per capire che la strategia comunicativa adottata
sembra ricavata pari pari dal cosiddetto decalogo di Chomsky. E io reputo tutto
questo pericolosissimo. Ci sono voci ben più note o
autorevoli di me che si sono levate da giorni per denunciare questi
pericoli, ma, in coscienza, sento di non poter tacere e lo faccio
attraverso il mezzo che mi riesce meglio, la parola scritta.
Non dire la verità, nell'immediato,
evita il panico nel ricevente, ma, lo sappiamo tutti, dopo un po’,
non fa che aumentarlo. Di fronte a una terribile minaccia, anche un
adulto preferisce ascoltare un messaggio rassicurante da parte di
qualcuno che gli promette che tutto andrà bene. Ma se poi la realtà
delude quest’aspettativa e ci sono anzi segnali concreti che le
cose non solo continuano ad andare male, ma forse peggiorano, il
panico aumenta, perché, come accade al bambino, il pericolo comunque
lo si intuisce. Una cruda verità è dura da digerire, ma permette a
un adulto di immaginare, elaborare e mettere in atto strategie per
cercare di risolvere il problema. Dico adulto, perché il bambino non
ha gli strumenti per salvare sé stesso e gli altri di fronte a una
catastrofe imminente.
Io penso che la discrepanza che c’è
fra il messaggio rassicurante del Governo e la realtà, che è sempre
più sotto gli occhi di tutti, non faccia che aumentare il panico,
il disorientamento, la rabbia, piuttosto che sedarli.
Dopo l’ennesimo confuso delirio
securitario propinatoci l'altra sera dall’esperto di bizantinismi,
il termometro dell’insofferenza, della rabbia, segna una
temperatura altissima. L'indignazione è alle stelle e sta
prendendo una deriva pericolosa. Circolano messaggi, video, in
rete ma anche sulle piattaforme di messaggistica, che esprimono
questa rabbia, alcuni con contenuti gravissimi, che pur nella
giustezza di ciò che denunciano e rivendicano, riportano minacce
esplicite e puntano direttamente alla delegittimazione violenta dello Stato.
Proprio così: le colpe non vengono attribuite a governanti o
amministratori, ma direttamente allo “Stato” e io temo che non
sia una svista superficiale dettata dall’atavica disaffezione nei
confronti di ciò che è considerato “Stato”. Chi ha scritto
questo testo, che mi sono ritrovata inoltrato sul telefono, ha usato
la lettera maiuscola e sa quindi bene di cosa parla.
Io non so se chi è al governo
percepisca la rabbia, l’odio sociale e il disprezzo per le istituzioni che, in questi giorni, sta raggiungendo livelli che fanno
impallidire quello raggiunto all’apice dei sentimenti anti-Renzi.
E non è solo la storia che ce lo ha
insegnato, ma a me anche la carne viva della Bosnia: una rabbia
sociale incontrollabile, l’odio e “il rancore diventato
progetto politico” (1) , la mistificazione della realtà
alimentata dalla propaganda ci portano dritti dritti alla guerra
civile o alla dittatura.
Quando esprimo queste opinioni, i miei
amici, parenti, lettori di sinistra mi accusano di essere
nell'ordine: disfattista, antipatriotttica, destroide con un refrain
ormai classico: “Perché, se c'erano Salvini e la Meloni avrebbero
fatto meglio?” E, ovviamente, esagerata. E questo è rivelatore di
come l'accettazione passiva delle privazioni delle libertà stia
creando assuefazione al punto di pretendere anche la sospensione
del diritto di critica, del diritto al dissenso. Un'assuefazione
pericolosa perché, quando arriverà il prossimo a dirci che,
in nome di un'altra emergenza vitale (economica?), sospenderà le
nostre libertà, noi non ci ribelleremo perché saremo già allenati
ad accettare senza discutere queste misure.
Allora io chiedo a tutti i politici che
ci governano, a Roma e a Bologna, ai quali ho accordato la mia
fiducia, di battere un colpo prima che sia troppo tardi. Basta
con quest'’assurda strategia comunicativa, basta con questa
massa di provvedimenti liberticidi che offendono chi una
coscienza civica ce l’ha e non aiutano gli altri a maturarla e
offrono pretesti ai rambo delle forze dell’ordine per esercitarsi
in vista di più ampie prove di rispetto dell’autorità: non è un
appello ad aprire tutto e subito, ma a trovare un criterio razionale
con cui farlo, come, ad esempio, quante persone per metri quadri, non
musei sì chiese no. Basta con soluzioni schizofreniche che
hanno un mero fine propagandistico: esame di maturità farsa ma in
presenza per fingere che le scuole saranno pronte a settembre; app
che non ci proteggeranno da niente visto che i pazienti dimessi sono
rispediti a casa a infettare conviventi e questi, insieme ai
paucisintomatici non testati, circolano liberamente; io che posso
rendere visita ai miei 150 parenti stretti e la mia amica Simona, che
vive sola e non ha parenti né fidanzati, non può incontrarsi con
un'amica, come se il virus risparmiasse i parenti e colpisse solo gli
amici. Basta con una comunicazione e un’azione maschilista,
paternalista, basta con questi maschi che si compiacciono di
impartirci prediche da pessimi padri di famiglia e non riescono a
immaginare altro che la propria autoriproduzione in comitati di
esperti maschi nominati da maschi.
E' ora di dire la verità agli
italiani, di fare appello alla loro maturità di cittadini adulti, a
costo di scuotere le loro coscienze intorpidite dalla paura e dalla
rassegnazione.
Lo so che forse è una
sopravvalutazione quella di considerare gli italiani dei cittadini
adulti, ma anche ai fanciulli bisogna dare l’opportunità di
crescere, come quando la vita impone a una prof di comunicare a una
classe di venti diciottenni che il virus si è portato via il papà
di un loro compagno e che è giunto il momento di dimostrare di aver
raggiunto una maturità che non è solo giuridica. E’ toccato a me
e avrei potuto delegare ad altri colleghi più forti di me o più
legittimati di me (io non sono la coordinatrice della classe), ma mi
sono fatta coraggio e ho detto loro la verità sapendo che avrei
sconvolto le loro fragili vite e scommettendo sulla loro forza, non
sulla mia, sapendo che qualcuno era già pronto e che qualcuno
avrebbe dovuto fare uno scatto di crescita prima del tempo.
Basta balle, basta prediche. Trattateci
da cittadini adulti, non da sudditi bambini.
Abbiate il coraggio e l'umiltà di
riconoscere gli errori e la vostra impotenza guardando in faccia chi
vi ha scelto perché lo rappresentaste degnamente senza però darvi una
delega in bianco. Abbiate il coraggio di scommettere sulla forza
degli italiani, non sulla loro debolezza. La solidarietà e il senso di responsabilità che
pretendete non può esserci se non c'è fiducia e perché ci sia
fiducia occorre che almeno le parole pronunciate siano vere.
(1) Definizione con cui il mio amico Michele Nardelli sintetizza uno dei concetti chiave espressi da Rada Ivecovic nel suo libro "Autopsia dei Balcani: saggio di psico-politica".
IL COSIDDETTO DECALOGO DI CHOMSKY SULLA MANIPOLAZIONE MEDIATICA
1. La strategia della
distrazione Salvini e la Meloni, che cattivoni! Buh!
2. Creare problemi e
offrire soluzioni Possono uscire solo i congiunti, ma adesso
l'aggiusto
3. La strategia della
gradualità Vi tolgo questo, vi tolgo quello, vi tolgo
quest'altro
4. La strategia del
differire Vi daremo, apriremo, stanzieremo
5. Rivolgersi al pubblico
come ai bambini Lo volete capire che dovete restare a
casa o no?
6. Usare l’aspetto
emotivo molto più della riflessione Andrà tutto bene
7. Mantenere il pubblico
nell’ignoranza e nella mediocrità Secondo il parere degli
esperti...
8, Stimolare il pubblico
ad essere compiacente con la mediocrità Rispettate le regole
9. L'autocolpevolizzazione I
modenesi hanno meno contagi perché sono più bravi dei reggiani
10. Conoscere gli
individui meglio di quanto loro stessi si conoscano La somma dei primi 9 punti