In questi due mesi, a causa della
risonanza mediatica di cui è stata oggetto l’attività didattica su “immigrati e
fake news” da me realizzata alla fine dello scorso anno scolastico, ho ricevuto
centinaia di messaggi, privati e pubblici, fra cui molte richieste, soprattutto
da parte di colleghi insegnanti impegnati sulle stesse tematiche, di condividerne
i materiali.
Ho deciso di affidarli al sito di
MEMO, il Multicentro Educativo “Sergio Neri” del Comune di Modena, e,
attraverso questa piattaforma, di renderli disponibili a tutti perché credo
nell’importanza della diffusione e della condivisione delle buoni prassi
didattiche.
Questa è la pagina dove è
possibile visionare il materiale e scaricarlo:
Sono rimasta davvero colpita dalla quantità di contatti ricevuti che testimoniano, a mio parere, un
bisogno di fare rete, di riconoscersi fra “resistenti” sparsi in giro per
l’Italia in un momento in cui il nostro Paese sembra essere travolto da una
specie di barbarie collettiva che si manifesta attraverso messaggi impregnati di
odio, disprezzo, intolleranza nei confronti di chi è più fragile e diverso, amplificati
dalla rapida diffusione che consente la rete. E io stessa, proprio in relazione
a questa vicenda, non ne sono stata esente. Accanto infatti ai tanti
complimenti ricevuti, non sono mancati ovviamente anche commenti negativi,
a volte perfettamente in linea con il linguaggio aggressivo e violento di certi nostri governanti e dei loro supporter.
C'è in particolare una critica che mi è stata mossa da più parti e a cui sento il bisogno di replicare.
Una collega, una giovane
insegnante piena di ideali e buone intenzioni, mi ha scritto scandalizzata
perché, con questa attività, io mi sono permessa di “fare politica” a scuola. Non
è stata l’unica a rivolgermi una delle “accuse” più diffuse ultimamente nei
confronti degli insegnanti, a cui peraltro colleghi e intellettuali ben più
capaci di me hanno saputo efficacemente rispondere.
Ora, a questa collega e a chi
come lei mi ha accusato di “fare politica” a scuola vorrei prioritariamente
rivolgere l’invito a scaricare l’attività didattica e svolgerla con lo stesso
rigore intellettuale e fatica che hanno impiegato i miei studenti. Si tratta di
dati, cifre, tabelle, relazioni da fonti ufficiali sul fenomeno migratorio in
atto in Italia e sulla reale presenza di stranieri residenti nel nostro Paese,
che ho cercato, selezionato e aggregato dispiegando un discreto impegno di
tempo e energie. Sembra una banalità, ma fare una ricerca sistematica e
documentata di questo tipo e trasformarla in un dossier con un impianto
didattico coerente richiede molto tempo. Si tratta di cifre, non di slogan, di
dati puntuali, non approssimativi, anche se ormai va di moda anche questo: smentire
quanto riportano enti come l'INPS ritenuti inaffidabili perché “politicizzati” o
l'ISTAT perché infiltrati da chissà chi.
Ma l'Ufficio Federale di Statistica
della confederazione elvetica? Qualcuno ha forse il coraggio di mettere in
discussione anche l’affidabilità e la precisione di un ente governativo elvetico?
Sì, pure la Svizzera figura nel mio dossier, perché è un Paese che, per
ragioni familiari, conosco bene e si presta sulla questione immigrati a un
confronto significativo.
La Svizzera con il suo 25% di
stranieri residenti e il suo 3,3% di disoccupazione al 31 dicembre 2017: immaginate
la faccia dei miei studenti quando, confrontando questi dati con quelli
dell'Italia (8,3% di stranieri residenti e 11,2% di disoccupazione) hanno
dovuto elaborare una riflessione su questa fake news: "più aumentano gli
stranieri più aumenta la disoccupazione"…
Chi è invaso? L'Italia o la Svizzera?
Dove li metteranno mai gli svizzeri tutti questi stranieri con un territorio
così piccolo e ricoperto di montagne?
Cara collega, se lei mi accusa di
“fare politica" a scuola con un'attività di lettura, indagine e
rielaborazione delle fonti, lei ha una grave carenza didattica. Si studi le
indicazioni nazionali per il biennio delle superiori e verifichi se la
padronanza dell'uso delle fonti non è un obiettivo fra quelli previsti per il
curricolo di storia, e saper leggere grafici, tabelle, dati non sia un
obiettivo trasversale. Che cosa poi si immagina che siano le competenze di
cittadinanza? Imparare a memoria gli articoli della Costituzione o assimilarne
gli ideali e i principi ispiratori?
A lei e a tutti quelli come lei
che hanno pensato di riservarmi, fra gli insulti peggiori, l'accusa presumibilmente infamante di “fare politica" a scuola, vorrei dare una semplice notizia: è dai tempi
di Platone che non c’è un insegnante che non faccia Politica a scuola. La
faccio io aiutando i miei studenti a diventare cittadini consapevoli dei valori
fondanti la nostra Repubblica, la fa lei con la sua ignavia, indifferenza, con
il suo astenersi dal prendere posizione sui principi non negoziabili che
regolano il patto della nostra convivenza civile.
Che significato ha per lei la
parola "politica"? Si riduce al volto di Renzi, di Berlusconi, della Boschi,
della Santanché, di Razzi? A cosa la associa di tanto sconcio e disdicevole dal
momento che usa questa parola con un'accezione così dispregiativa?
Che razza di “materia” è per lei la politica? È qualcosa di
pericoloso per le menti degli adolescenti al pari delle droghe, del sexting o che so altro di riprovevole?
Di cosa parla lei in classe ai
suoi studenti? Della sorte degli animali che le stanno tanto a cuore? Non me ne
vogliano gli animalisti, ma la signora in questione, mentre mi insultava in
rete accusandomi di "fare politica" a scuola occupandomi di immigrati
e fake news, si definiva una brava docente che condivide con i colleghi la
passione per gli animali.
E per gli animali umani lasciati
morire nel nostro mare non prova nessuna compassione? E per le zampette dei
loro cuccioli agitate in acqua in cerca di soccorso non si commuove?
La nostra Costituzione non
contempla ancora la solidarietà con gli animali non umani, ma quella con gli
animali umani sì, invece. O vuole forse rifiutarsi di spiegare questo concetto
ai suoi studenti perché è “fare politica”? Vuole vietarmi di parlare di solidarietà perché parlarne è “fare politica”? Lo sa che io, come prof di storia, sono
tenuta a parlarne già quando spiego la rivoluzione francese dal momento che è
uno dei principi su cui si è fondata e che ha ispirato le moderne
democrazie? Liberté, égalité, fraternité. Casomai non lo sapesse, il termine "fraternité" noi in italiano lo traduciamo con "solidarietà" e, pensi un po', è un concetto che figura fra i doveri inderogabili che l'art. 2 della nostra Costituzione impone ai cittadini della nostra Repubblica.
Lo sa che io di politica devo
parlarne già in prima spiegando la polis
in storia greca e devo chiarire ai miei studenti i concetti di polis=città, politica=occuparsi delle
cose della polis, cittadinanza, democrazia,
rappresentanza, governo, oligarchia… e così via? Vuole che salti parte del
programma laddove si incontra questa sconcia parola, “politica”? Che cos'è per
lei non fare politica a scuola? Non è che lei confonde la propaganda con la
politica? Ma la capisco, sa, ed è in buona compagnia perché il ministro della
propaganda è il primo a lamentarsi dei docenti che "fanno politica" a scuola.
Cara collega amica degli animali
non umani, lei mi esorta a “scendere in politica” se voglio fare politica,
confondendo la politica attiva con la Politica. E allora io le annuncio che io
non ho bisogno di scendere in politica per fare politica.
Ogni mio atto è un atto politico,
che ha ricadute cioè sulla polis,
sulla comunità in cui siamo inseriti, dal nucleo più ristretto della comunità
dei nostri legami familiari e affettivi allo spazio allargato del nostro
contesto lavorativo e sociale, a quello della città e del Paese in cui viviamo,
fino a quello sovranazionale che, in quanto cittadini europei, abitiamo.
Ogni nostro atto è un atto
politico, anche la scelta di non agire, non schierarsi, schermarsi per mancanza
di coraggio, astenersi e delegare agli altri la responsabilità della scelta.
Non esserne consapevoli ha ricadute sulla polis
ed è per questo anch'esso un atto politico.
Lei non ne è consapevole, cara
collega, ma con la sua ignavia a scuola anche lei compie un atto politico perché,
per paura di “fare politica”, si rifiuta di fornire ai suoi studenti gli
strumenti per diventare cittadini consapevoli della polis in cui stanno vivendo. E questa è una scelta politica, che produce
cioè effetti sulla polis. Con la sua
scelta di non fare Politica a scuola lei sta proprio facendo politica. Pensi
che scandalo, cara collega.
Siamo figli dell'epoca,
l'epoca è politica.
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell'altro politica.
Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.
Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.
Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.
O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a uno rotondo o quadrato.
Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano e i campi inselvatichivano
come nelle epoche remote
e meno politiche.
W. Szymborska
Articolo Gazzetta di Modena:
http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2018/07/09/news/modena-tanto-razzismo-tra-i-banchi-la-prof-lo-sconfigge-con-un-test-1.17044661?ref=search
Articolo Repubblica:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/07/10/lotta-ai-pregiudizi-la-lezione-della-prof-ai-suoi-studenti16.html?ref=search
Articolo Gazzetta di Modena:
http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/2018/07/09/news/modena-tanto-razzismo-tra-i-banchi-la-prof-lo-sconfigge-con-un-test-1.17044661?ref=search
Articolo Repubblica:
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/07/10/lotta-ai-pregiudizi-la-lezione-della-prof-ai-suoi-studenti16.html?ref=search